Training Autogeno
Ansia, attacchi di panico, disturbi gastrointestinali, disturbi del sonno, cefalee, disturbi psicosomatici, disturbi della sfera sessuale e urogenitale, asma, ipersudorazione, astenia, tensioni muscolari, difficoltà a controllare i propri stati emotivi e altro ancora, sono tutte problematiche che sempre più si presentano nella nostra vita e non.
Tralascio le possibili motivazioni, le quali potrebbero essere varie e rintracciate non solo nella sfera individuale e personale di ognuno, ma anche nei ritmi stressogeni che l’ambito culturale e sociale quasi ci impone, per parlarvi di una delle possibili tecniche utilizzate per far fronte a tali problematiche: il training autogeno. Forse ne avete sentito parlare, ma provo a darvi una definizione e a sottolineare il perché tale tecnica potrebbe esservi d’aiuto.
Training autogeno è una tecnica ideata da un neurologo e psichiatra, Johannes Heinrich Schultz nella prima metà del ventesimo secolo e successivamente diffusasi in tutto il mondo con buoni riscontri. Letteralmente training significa “allenamento” mentre autogeno “che si genera da sé”, ovvero l’individuo lo mette in pratica in prima persona, sotto la guida di un esperto in un primo momento e poi successivamente da solo mediante un esercizio costante.
Il training autogeno può essere considerato una tecnica di rilassamento, la quale attraverso la concentrazione mentale consente di attenuare le tensioni muscolari, sia psichiche che corporee. È proprio mediante il pensiero che è possibile far presa sul rilassamento della muscolatura liscia, striata e sul sistema neurovegetativo e determinare, alla fine del percorso di training, il ristabilirsi di una profonda connessione tra soma e psiche.
È fondamentale che esso venga impartito e trasmesso da una persona esperta; può essere, infatti, usato come intervento a sé stante oppure collocato nel contesto di una psicoterapia.
Nello pratica esso prevede l’insegnamento di esercizi specifici (della pesantezza, del calore, del respiro, del cuore, del plesso solare, della fronte fredda) effettuati in tre possibili posizioni (supina, in poltrona e del “cocchiere a cassetta”, cioè seduti sul bordo di un piano d’appoggio qualsiasi) che permettono la possibilità di apprendere tali esercizi, affinché si determini un “allenamento che si generi da sé”. Cosa significa?
Provate a pensare di dovervi allenare per far fronte ad una partita di calcio con la squadra nella quale giocate, oppure allenare la vostra mente ad una serie di esercizi per affrontare in modo brillante la prova di matematica dell’esame di stato, oppure allenarvi alla guida della macchina per prendere la patente. In tutti questi casi, attraverso l’allenamento non viene prodotto qualcosa che si autogenera, ma vi è l’acquisizione di nuovi comportamenti che si vanno ad aggiungere al bagaglio delle esperienze precedenti.
Con il training autogeno avviene qualcosa di più; si tratta sicuramente di allenamento, ma ciò che lo differenzia dagl’altri è la capacità di autogenerare comportamenti e abilità.
Questo in parte è spiegabile grazie al concetto di “commutazione”, che letteralmente significa “invertire la rotta”. Non vi lasciate spaventare dalla parola; molto semplicemente con tale termine si fa riferimento alla possibilità di cambiare le relazioni tra le strutture del sistema nervoso, tanto da determinare un nuovo assetto nella funzionalità dell’organismo, in particolare nel sistema neurovegetativo (sistema responsabile dell’accelerazione della frequenza cardiaca, dell’aumento della pressione sanguigna, della sudorazione, della vasodilatazione cutanea, ecc.).
Dal punto di vista psicologico significa anche cambiare gli schemi mentali non funzionali, le abitudini sbagliate, imparare ad utilizzare meglio le proprie energie, il proprio tempo, a dedicare maggiore tempo a sé stessi, a gestire la propria attenzione e la propria concentrazione e ad avere maggiore consapevolezza dei propri stati emotivi.
Tralascio le possibili motivazioni, le quali potrebbero essere varie e rintracciate non solo nella sfera individuale e personale di ognuno, ma anche nei ritmi stressogeni che l’ambito culturale e sociale quasi ci impone, per parlarvi di una delle possibili tecniche utilizzate per far fronte a tali problematiche: il training autogeno. Forse ne avete sentito parlare, ma provo a darvi una definizione e a sottolineare il perché tale tecnica potrebbe esservi d’aiuto.
Training autogeno è una tecnica ideata da un neurologo e psichiatra, Johannes Heinrich Schultz nella prima metà del ventesimo secolo e successivamente diffusasi in tutto il mondo con buoni riscontri. Letteralmente training significa “allenamento” mentre autogeno “che si genera da sé”, ovvero l’individuo lo mette in pratica in prima persona, sotto la guida di un esperto in un primo momento e poi successivamente da solo mediante un esercizio costante.
Il training autogeno può essere considerato una tecnica di rilassamento, la quale attraverso la concentrazione mentale consente di attenuare le tensioni muscolari, sia psichiche che corporee. È proprio mediante il pensiero che è possibile far presa sul rilassamento della muscolatura liscia, striata e sul sistema neurovegetativo e determinare, alla fine del percorso di training, il ristabilirsi di una profonda connessione tra soma e psiche.
È fondamentale che esso venga impartito e trasmesso da una persona esperta; può essere, infatti, usato come intervento a sé stante oppure collocato nel contesto di una psicoterapia.
Nello pratica esso prevede l’insegnamento di esercizi specifici (della pesantezza, del calore, del respiro, del cuore, del plesso solare, della fronte fredda) effettuati in tre possibili posizioni (supina, in poltrona e del “cocchiere a cassetta”, cioè seduti sul bordo di un piano d’appoggio qualsiasi) che permettono la possibilità di apprendere tali esercizi, affinché si determini un “allenamento che si generi da sé”. Cosa significa?
Provate a pensare di dovervi allenare per far fronte ad una partita di calcio con la squadra nella quale giocate, oppure allenare la vostra mente ad una serie di esercizi per affrontare in modo brillante la prova di matematica dell’esame di stato, oppure allenarvi alla guida della macchina per prendere la patente. In tutti questi casi, attraverso l’allenamento non viene prodotto qualcosa che si autogenera, ma vi è l’acquisizione di nuovi comportamenti che si vanno ad aggiungere al bagaglio delle esperienze precedenti.
Con il training autogeno avviene qualcosa di più; si tratta sicuramente di allenamento, ma ciò che lo differenzia dagl’altri è la capacità di autogenerare comportamenti e abilità.
Questo in parte è spiegabile grazie al concetto di “commutazione”, che letteralmente significa “invertire la rotta”. Non vi lasciate spaventare dalla parola; molto semplicemente con tale termine si fa riferimento alla possibilità di cambiare le relazioni tra le strutture del sistema nervoso, tanto da determinare un nuovo assetto nella funzionalità dell’organismo, in particolare nel sistema neurovegetativo (sistema responsabile dell’accelerazione della frequenza cardiaca, dell’aumento della pressione sanguigna, della sudorazione, della vasodilatazione cutanea, ecc.).
Dal punto di vista psicologico significa anche cambiare gli schemi mentali non funzionali, le abitudini sbagliate, imparare ad utilizzare meglio le proprie energie, il proprio tempo, a dedicare maggiore tempo a sé stessi, a gestire la propria attenzione e la propria concentrazione e ad avere maggiore consapevolezza dei propri stati emotivi.
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